Il nuovo romanzo di Emmanuel Carrère racconta la sua esperienza di inviato al processo per gli attentati terroristici di Parigi del 2015. Incaricato di scrivere una serie di articoli sul processo, lo scrittore francese ci regala un reportage che racconta tutte le fasi del processo stesso, prendendo in considerazione le vittime, passando per gli artefici e arrivando ai giudici e agli avvocati.
Nel farlo Carrère ci parla del nostro presente e della difficoltà che ognuno di noi ha nel capire certe dinamiche che sentiamo estremamente distanti ed estranee ma che, in fondo, come ci dimostrerà Carrère stesso, non lo sono affatto.
Da sempre Carrère ci ha abituati a scavare in profondità il male, quello reale, quello che avviene a un passo da noi e nel quale ognuno di noi potrebbe essere coinvolto o potrebbe esserne l’artefice. Lo sguardo dello scrittore scruta a fondo in questo male, quasi volesse sfidare quanto affermato da Nietzsche (Chi combatte contro i mostri deve guardarsi dal non diventare egli stesso un mostro. E quando guardi a lungo in un abisso, anche l’abisso ti guarda dentro.) e, nello stesso tempo, avvalorare quanto riflettuto da Hannah Arendt: il male è qualcosa di banale, di comune, qualcosa che ognuno di noi si porta dentro nel momento in cui perde la capacità etica di giudicare cosa è bene e cosa è male.
Anche in questo caso l’approccio di Carrère è identico. Lo scrittore racconta tutte le fasi del processo e scava a fondo nel dolore e nell’orrore alla ricerca di un senso che, forse, non esiste perché il male non è altro da noi ma parte integrante e indistinguibile della nostra vita quotidiana.
Ognuno di noi leggendo le pagine dolorose di V13 si chiederà come tutto ciò poteva essere evitato e si renderà conto di come una semplice decisione presa, magari, in un attimo abbia cambiato la vita di centinaia di persone.
Ma quello che emerge alla fine della lettura del reportage di Carrère non è il male ma il bene, la forza e la solidarietà dei sopravvissuti e dei familiari delle vittime. A differenza della maggior parte dei romanzi, sono gli eroi i personaggi più interessanti e non i cattivi che, alla fine, restano in sottofondo nella narrazione dello scrittore francese. Ed è proprio il bene che resta ciò che rende questo libro così importante perché non ci fa perdere la speranza che altre strade siano ancora possibili e che, forse, un giorno, sceglieremo davvero di percorrerle.