Descrizione
Come è morto, davvero, Vittorio Leonardi? Perché Penelope Spada ha dovuto lasciare la magistratura? Un’investigazione su un delitto e nei meandri della coscienza. Un folgorante romanzo sulla colpa e sulla redenzione.
«Cosa vogliono le vittime dei reati? Le persone ingiuriate dal crimine, quelle che hanno perso i propri cari o la propria dignità? La punizione dei colpevoli? Certo, anche questo. Ma la punizione – la vendetta piú o meno regolata dalle leggi – è in gran parte un’illusione ottica. Ciò che le vittime vogliono davvero è la verità. L’unica cosa che nel lungo periodo è capace di guarire le ferite, di placare il dolore»
Un barone universitario ricco e potente muore all’improvviso; cause naturali, certifica il medico. La figlia però non ci crede e si rivolge a Penelope Spada, ex Pm con un mistero alle spalle e un presente di quieta disperazione. L’indagine, che sulle prime appare senza prospettive, diventa una drammatica resa dei conti con il passato, un appuntamento col destino e con l’inattesa possibilità di cambiarlo. Nelle pieghe di una narrazione tesa fino all’ultima pagina, Gianrico Carofiglio ci consegna un’avventura umana che va ben oltre gli stilemi del genere; e un personaggio epico, dolente, magnifico.
COME COMINCIA
Veniva ai giardini sempre di sabato o di domenica. Arrivava nella zona in cui di solito mi alleno, si sedeva su una panchina, non troppo vicina e non troppo lontana dagli attrezzi, tirava fuori un libro e un taccuino dallo zainetto, si metteva a leggere e di tanto in tanto prendeva appunti. Anche se faceva freddo. Qualche volta alzava la testa e si guardava attorno, con un’espressione incuriosita, come si fosse reso conto solo in quel momento di dove si trovava.
Un giorno ci eravamo incrociati e si era fermato ad accarezzare Olivia. Olivia è un bull terrier; non è aggressiva – se non fai una mossa sbagliata con lei o con la sua amica Penelope – però neanche socievole, con gli estranei. Puoi accarezzarla, ti lascia fare, ma ostenta una totale indifferenza. Lo so che sovrappongo a un animale categorie interpretative che vanno bene per le persone (e nemmeno per tutte), eppure mi piace pensare che Olivia, come me, detesti gli atteggiamenti paternalistici e condiscendenti e cerchi di non familiarizzare con chi li adotta.
In ogni caso, il tizio disse buongiorno e si abbassò per accarezzarla, senza chiedere se fosse pericoloso. Le mise una mano sul collo e le sfiorò, con pollice e medio, gli angoli della bocca. Olivia parve deliziata, offrí la gola con voluttà, scodinzolò con forza, lei stessa stupita – suppongo – di ciò che stava accadendo.
– Come si chiama?
Fui sul punto di rispondere: Penelope. Ovviamente lui intendeva il cane.
– Olivia.
– Bel nome. Bellissima lei. Buon allenamento, – disse andandosene.
Da allora ci salutavamo, quasi sempre solo un cenno a distanza.